Margins
1939
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«Chi meglio della signora Némirovsky, e con un'arma più affilata, ha saputo scrutare l'anima passionale della gioventù del 1920, quel suo frenetico impulso a vivere, quel desiderio ardente e sensuale di bruciarsi nel piacere?» scrisse, all'uscita di questo libro, il critico Pierre Loewel. Le giovani coppie che vediamo amoreggiare in una notte primaverile (la Grande Guerra è finita da pochi mesi, e loro sono i fortunati, quelli che alla carneficina delle trincee sono riusciti a sopravvivere) hanno, apparentemente, un solo desiderio: godere, in una immediatezza senza domani, ignorando «il lato sordido» della vita, soffocando «la paura dell'ombra». Eppure, quasi sulla soglia del romanzo, uno dei protagonisti si pone una domanda - «Come avviene, nel matrimonio, il passaggio dall'amore all'amicizia? Quando si smette di tormentarsi a vicenda e si comincia finalmente a volersi bene?» - che ne costituirà il filo conduttore. Con mano ferma, e con uno sguardo ironicamente compassionevole, Irène Némirovsky accompagna i suoi giovani personaggi, attraverso le intermittenze e le devastazioni della passione, fino alla quieta, un po' ottusa sicurezza dell'amore co niugale. A volte, certo, alcuni di loro rimpiangeranno « l'ebbrezza triste e folle del l'amore», e a quasi tutti accadrà di inoltrarsi, almeno per un po', nelle vie perigliose dell'adulterio; ma il tempo riserverà loro una sorprendente rivelazione: che quell'« essere due» che del matrimonio costituisce l'essenza e «il flusso discontinuo, lento e possente dell'amore coniugale» conferiscono alla coppia una sorta di «invincibilità».
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