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Lorenzo La Marca
Series · 6 books · 1996-2017

Books in series

I delitti di via Medina-Sidonia book cover
#1

I delitti di via Medina-Sidonia

1996

«I sani, buoni, misteriosi delitti, che gli mancano tanto; quelli che rendono vivibili tutti i paesi civili di questo mondo. Quelli con un bel movente, quelli da scavarci dentro, come Maigret, come Marlowe, o - più realisticamente - come don Ciccio Ingravallo, per arrivare alla fine ai meccanismi elementari della psiche. Da noi, però, c'è la mafia che oscura tutto, e non concede a un detective brillante alcuna possibilità di uscire dalla routine». Ma il delitto, il duplice delitto, che insanguina Palermo, nei giorni del pieno scirocco, i giardini botanici, è di quelli sani buoni e misteriosi: senza mafia, radicato invece in una complicanza annosa di gelosie e inconfessabili colpe, in un ambiente di ozi e stranezze universitarie. Conduce l'indagine una specie di prototipo palermitano, colto e nullafacente, raffinato e sensuale, ironico e sentimentale, così simile - per chi conosce Palermo - a una versione sprovincializzata e moderna dei siciliani-dei di cui diceva il principe Fabrizio del Gattopardo (o a un miscuglio meridionale di Marlowe e Philo Vance). Ed è questo suo senso metastorico di superiorità che gli permette di condurre l'indagine con la facilità, e la felicità, di chi insegue un ritmo. Un blues palermitano.
La doppia vita di M. Laurent book cover
#2

La doppia vita di M. Laurent

1998

A Palermo, su un marciapiede viscido di pioggia, un morto con il cuore trapassato da un colpo di pistola. Dopo l'esordio ne I delitti di via Medina-Sidonia, un altro caso costringe all'indagine Lorenzo La Marca, biologo per vocazione e detective per necessità (o è forse il contrario?). La Marca si concede tempo. Tempo per dare un'occhiata da vicino, tempo per un aperitivo su una terrazza a un passo dal centro più centro, contemplando distese di tetti e cupole, e, in fondo, la linea ferma del mare. La sua inveterata affezione al corto circuito logico, la capacità di comporre le contraddizioni in una superiore unità, gli fornirà la chiave per decifrare una vicenda equivoca e paradossale. Fino all'incredibile soluzione. Perché «l'unico modo per divulgare idee ragionevoli è falsificarle». Uno stile nutrito di musicalità, a tratti scabramente sincopato, a tratti disteso nella più larga melodia di una spumeggiante ballata autunnale. Un cielo mutevole e corrusco, eccessivo e ambiguo come la città che sovrasta.
Il soffio della valanga book cover
#3

Il soffio della valanga

2002

«Sa qual è la cosa più strana delle valanghe? È che talvolta, scendendo a valle a grande velocità, provocano una terribile turbolenza ai margini della massa. Un vento fortissimo, una specie di soffio capace di sradicare alberi, scoperchiare case, travolgere gli uomini come fuscelli. Uno pensa di stare al sicuro, di lato, lontano e invece ...». Per il commissario Vittorio Spotorno, il duplice omicidio della 127 azzurra è un caso che lo costringe a riepilogare la sua vita. Uno dei due picciotti uccisi nella macchina - una strage mafiosa, si presenta, con tutto il corredo del caso, gragnola di proiettili e corpi crivellati -, è l'amico di giochi Rosario. Questo lo riporta alla sua infanzia vissuta in quartieri dove il capriccio del caso avrebbe potuto condurre il filo della sua esistenza in modi impensati, verso destini opposti a quelli a cui effettivamente poi si diresse la vita. Ma l'indole che ricorda di Rosario, il suo ambiente semplice e piccolo borghese, gli sembra stridere con la qualità mafiosa dell'evento criminale, che per giunta stringe nei suoi nodi in successione personaggi che non hanno avuto, alla peggio, che qualche caduta, qualche sbandamento, e sembrano proprio i fuscelli, illusi di essere al sicuro, travolti dal soffio della valanga. È una città amara quella in cui circola Spotorno, tanto diversa da quella del suo amico La Marca che torna in questo poliziesco di Piazzese come comparsa - dopo essere stato il protagonista del primo romanzo I delitti di via Medina-Sidonia, a cui questo racconto rimanda per coincidenze di tempo e spazio come una specie di controcanto -: quasi a segnalarci il peso greve di una metafora. L'attraversa, fuggevole, davanti agli occhi dell'investigatore, una signora che lascia come traccia un senso di inquietudine dolorosa. La Dama Bianca il commissario la denomina. Seguendola, per un intuito prepotente, il poliziotto verrà a capo di un intrigo che non riusciva a sembrare quello che era: e decifra quale, tra i delitti, era il contenuto e quali il contenente.
Blues di mezz'autunno book cover
#4

Blues di mezz'autunno

2013

Lorenzo La Marca, lo svagato detective dei gialli palermitani di Santo Piazzese, si trova ad Erice, ad un workshop del Centro Ettore Majorana. Mentre gironzola qui e là in cerca di riparo dalla inesorabilità del sole e dei colleghi, fa un incontro inatteso: l’amico dei primi anni di Biologia. Rizzitano, si chiamava, ed era sempre stato tanto capace di navigare tra uomini e donne quanto La Marca era impacciato. La rievocazione inevitabile s’impunta su una zona della memoria evidentemente sensibile: l’isola della Spada dei Turchi. E qui cambia la scena. L’ironia e il parlare per allusione e contrasti, tipici della spavalderia autocritica del personaggio, si modula, a poco a poco, al tono del ricordo. La mente torna agli inizi di La Marca, il ritratto del personaggio da giovane. Un pugno di anni di tanto tempo prima, studente alle prime armi, il suo professore, per studiare certi pesci, lo imbarcava su un peschereccio, il Santa Ninfa. Navigando con gente di mare, gli era piaciuto scoprire cose immaginate sui libri di scienze e di avventura ma, una volta, s’era invaghito di un’isola della costa siciliana, la Spada. Ci vivevano «gli stravaganti» – così gli altri isolani chiamavano la colonia di individui finiti là, ognuno venuto da lontano, ognuno per ragioni diverse, qualcuno a viverci stabilmente, altri a ricercare periodicamente se stessi. Gravitavano intorno a un bar dal nome incongruo, fondato nel dopoguerra da un friulano precipitato in quello scoglio insieme alla moglie bellissima. Ma non si può dire che fossero un gruppo, sembrando tutti lasciati lì dalla risacca della vita. O così piace immaginare a La Marca che comincia a carezzare discretamente le storie e i segreti di quel pezzo di mondo, così angusto per i corpi e sconfinato per le menti, che lo illude che il suo centro autentico sia lì. Fino a quando un fatto vero vi precipita e un segreto vero si squarcia. Come se La Marca l’avesse desiderato e temuto insieme, per molto tempo. In questo lungo racconto di mare e di costa, calibratissimo tra l’ironia la nostalgia e la tensione, si narra insieme la formazione di un uomo e la nascita di un personaggio, l’una attraverso l’altra reciprocamente, esercizio di letteratura e di letteratura sulla letteratura. Il cui cuore pulsante potrebbe essere la forza ambigua del mistero, di cui si spera e si teme la soluzione.
Come fu che cambiai marca di whisky (Lorenzo La Marca Vol. 3) book cover
#4.5

Come fu che cambiai marca di whisky (Lorenzo La Marca Vol. 3)

2015

Per Lorenzo La Marca vigilia di Natale a casa del commissario Vittorio Spotorno, che con l’aiuto di una bottiglia di whisky ha una storia da raccontargli, di quelle belle nere. Una storia che sa di lontananza e malinconia, una storia di Marsiglia, un’altra Palermo. Il racconto ‘Come su che cambiai marca di whisky' (54 pagine) di Santo Pizzese è tratto dall'antologia 'Un Natale in giallo' (Sellerio 2011).
Quanti dì conta novembre? book cover
#6

Quanti dì conta novembre?

2017

È tempo di raccolta d'olive per Lorenzo La Marca. Il detective per curiosità di Santo Piazzese, come sempre flemmatico, spiritoso, blasé, stavolta, lasciata l’immancabile Palermo, si trova a indagare sulle Madonie, le nobili montagne sopra Cefalù.

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