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Oro nero è un thriller economico, radicato nella favola nera del capitalismo. Marsiglia, marzo 1973. Appena insediato nel suo primo impiego di commissario con una grande voglia di «sedurre, di convincere, di vincere», il ventisettenne Théodore Daquin si tuffa nel caso di una sparatoria con due morti. È l’ultima coda della guerra di mafia seguita allo smantellamento della French Connection, un traffico di droga tra Francia e Usa, che ha sconvolto la città e implicato polizia, servizi segreti, politica, di qua e di là dell’Atlantico. Il giorno dopo un altro omicidio: stavolta a cadere è un uomo importante, Maxime Pieri, ex boss, diventato con gli anni un tranquillo e stimato uomo d’affari a capo di una fortunata linea di traffici marittimi. Gli hanno scaricato dieci colpi, mentre accompagnava una giovane straniera. I vertici polizieschi e giudiziari sono convinti che sia il regolamento di vecchi conti. Ma per Daquin c’è aria di messinscena, e poi: «giovane, bella, sposata, famiglia ricchissima, cosa ci faceva Emily al braccio di Pieri?». Emily Weinstein, nipote del ricchissimo magnate delle miniere sudafricane, moglie di Michael Frickx, trader di una potente holding del commercio internazionale. Si solleva, a poco a poco, da Emily Frickx, un odore di petrolio, rafforzato da altre morti di difficile spiegazione. Siamo alle soglie, in quel 1973, della crisi petrolifera che cambiò i connotati dell’economia mondiale, «il mercato del petrolio comincia a cambiare, quindi il mondo sta cambiando». La francese Dominique Manotti probabilmente sta al genere difficile e raro del giallo finanziario come John Le Carré sta alla Spy story. Oltre ai perfetti meccanismi delle trame, c’è nei suoi romanzi una conoscenza completa della storia e della cronaca che mescola inestricabilmente vero e verosimile e rende il verosimile più tenace del vero; c’è una galleria interminabile di personaggi, ritratti minuziosamente e in modo adeguato alla storia e all’ambiente; c’è un protagonista affascinante, Daquin, un detective omosessuale e sorprendentemente romantico. E alla base c’è il sospetto della natura criminale del capitalismo.
Author

Dominique Manotti is a professor of 19th-century economic history in Paris. She is the author of several novels, including Rough Trade (French: Sombre Sentier), Dead Horsemeat (French: A nos chevaux!) and Lorraine Connection (2008 Duncan Lawrie International Dagger award). Née à Paris en 1942, et j'y suis restée pendant tout ce temps. 1) Historienne de formation et de métier (des années d'enseignement de l'histoire économique comtemporaine en fac). L'Histoire comme méthode de pensée et de travail : Lectures, rencontres, réflexions. Puis choix d'un sujet d'étude, formulation d'hypothèses. Puis recherches, accumulation de faits, d'indices, de traces, critique des hypothèses de départ, imagination de ce qu'ont été la vie et la mort des hommes sur les traces desquels on travaille. Puis construction d’une machine rationnelle ramassant tous les éléments de connaissance accumulés et écriture. Une méthode parfaitement transposable à l'écriture de romans policiers ou noirs. 2) Militante, dès l’adolescence, d'abord à la fin de la guerre d'Algérie pour l'indépendance de l'Algérie, puis dans les années 60 et 70, dans différents mouvements et syndicats, dans une tonalité qu'on pourrait dire marxiste et syndicaliste révolutionnaire. 3) Romancière, sur le tard, et pas par vocation, plutôt par désespoir. L'arrivée de Mitterrand au pouvoir sonne, d'une certaine façon, comme le glas des espoirs de transformation radicale de la société. Alors, le roman noir apparaît comme la forme la plus appropriée pour raconter ce que fut l'expérience de ma génération, et ma pratique professionnelle d'historienne m'a semblé l'outil adéquat pour tenter l'expérience de l'écriture romanesque. http://www.dominiquemanotti.com/2009/...