
Jón Kalman Stefánsson mette in versi le inquietudini e i sogni della contemporaneità visti dai ghiacci della sua Rejkyavík. «Mentre bevo un caffè caldo, nero, / rovesci di ghiaccio sferzano la finestra, / un gattino di sei mesi sonnecchia mordendo / la mano di chi scrive queste righe, / e una cagna di nove anni dorme, / acciambellata ai suoi piedi, / grata per la vita.» Protagonista di questa raccolta in versi di Jón Kalman Stefánsson è la quotidianità, vissuta in una stanza ai confini del mondo, a Reykjavík, con le incombenze da gestire, il chiasso dei vicini, i fiordi in lontananza e le montagne che non possono fare altro che brillare di neve. Ma anche in questo angolo appartato e all’apparenza protetto irrompe il dolore, sotto forma delle grandi tragedie del nostro tempo: i ghiacciai che si sciolgono, i mari punteggiati di plastica, i naufragi al largo della Sicilia, un attentato terroristico, il campo profughi di Lesbo. In un mondo che cambia e spaventa, pronto a inghiottire anche il microcosmo islandese, le poesie sono «notizie dalla vita» che la morte non può sconfiggere. E se i piedi del poeta sono ben piantati nella realtà, il suo sguardo la trascende, è rivolto all’amore, all’infinito e all’eterno. È in quella fessura tra la ragione e il sogno che la poesia sa guardare, anche quando ha gli occhi ormai ciechi di Borges. È lì che basta un disco di Nina Simone perché da un comune appartamento di città si apra una finestra sull’assoluto. Dopo decenni da romanziere, Stefánsson ritorna al primo amore, la scrittura in versi, con piccoli distillati di humour ed epifanie sull’arte e l’esistenza in cui echeggiano i suoi miti, dai Beatles a Tom Waits fino a Wisława Szymborska.
Author

Jón moved to Keflavík when he was 12 and returned to Reykjavík in 1986 with his highschool diploma. From 1975 – 1982 he spent a good deal of his time in West Iceland, where he did various jobs: worked in a slaughterhouse, in the fishing industry, doing masonry and for one summer as a police officer at Keflavík International Airport. Jón Kalman studied literature at the University of Iceland from 1986 until 1991 but did not finish his degree. He taught literature at two highschools for a period of time and wrote articles and criticism for Morgunblaðið newspaper for a number of years. Jón lived in Copenhagen from 1992 – 1995, reading, washing floors and counting buses. He worked as a librarian at the Mosfellsbær Library near Reykjavík until the year 2000. Since then he has been a full time writer. His first published work, the poetry collection, Með byssuleyfi á eilífðina, came out in 1988. He has published two other collections of poetry and a number of novels. His novel Sumarljós, og svo kemur nóttin (Summer Light, and Then Comes the Night) won The Icelandic Literature Prize in 2005. Three of his books have also been nominated for The Nordic Council's Literature Prize. He was the recipient of the Per Olov Enquists Prize for 2011, awarded at the book fair in Gautaborg in September 2011.