
Part of Series
Nell'aprile del 1880 Claude Monet ricevette a Vétheuil, un paese sulla riva destra della Senna dove abitava in quel tempo, la visita del giornalista Emile Taboureux che doveva fargli un'intervista per La Vie Moderne. Quando l'intervistatore chiese di vedere l'atelier, Monet rispose: "Mon atelier! Mais je n'ai jamais eu atelier, et je ne comprends pas qu'on s'enferme dans une chambre", e poi, indicando con un gesto la Senna e la campagna: "Voilà mon atelier". In questo gesto e in questa frase è contenuta tutta la verità della sua opera, l'ininterrotto movimento della sua vita per crearla, e il senso del suo metodo di lavoro che stringeva vita e opera, presenza nel mondo e necessità di pittura, in una fusione così singolare come quasi mai era stato prima di lui. Si è voluto vedere in quel gesto un'enfasi, una retorica, o anche un modo di presentare la propria vita come un'epopea; mentre era, nata nelll'intuito improvviso dell'artista che dà peso e ampiezza si senso ad ogni parola, la dichiarazione di una verità totale. E ricorda piuttosto, ponendovisi in parallelo, un gesto del Caravaggio: "Laonde, essendogli mostrate le statue più famose di Fidia e di Glicone, acciocché vi accomodasse lo studio, non diede altra risposta se non che distese la mano verso una moltitudine di uomini, accennando che la natura l'aveva a sufficienza provveduto di maestri". (Dalla presentazione di Roberto Tassi)
Author
No contributors found for this work.